Il detto latino mens sana in corpore sano è un’implicazione a doppio senso, che ci ricorda che l’uno non si può ottenere senza l’altro e viceversa. E questo anche quando si parla della propria immagine corporea. Quest’ultima può infatti essere definita considerando alcune dimensioni, tra loro legate ed interdipendenti:
- topografica, che rimanda allo “schema del corpo”, una sorta di mappa che ciascuno di noi si crea, durante lo sviluppo, delle singole aree del corpo; questa mappa, ovviamente, può non essere completamente accurata, essendo fra l’altro influenzata dalla seconda dimensione.
- emotiva che, come tale, comprende l’insieme di valutazioni e di sentimenti relativi a parti del corpo e al corpo in generale. include autostima e senso di adeguatezza
- sociali, ovvero l’insieme di norme culturali sul fisico e sulla bellezza;
- cognitivi, ovvero la tendenza a distorcere la percezione delle proprie forme, a sua volta influenzata da canoni ideali e dal perfezionismo.
E’ molto facile e frequente che la percezione e la relazione che si ha con il proprio CORPO sia anche influenzata da una BASSA AUTOSTIMA, per cui il corpo diventa lo strumento privilegiato per controllare le proprie emozioni e per gestire un disagio interiore. In altre parole, la ricerca ossessiva della bellezza, il corpo e l’esteriorità divengono l’unico mezzo per “sentirsi dotati di valore”: ESSERE BELLI o PIU’ BELLI ci dona infatti un RUOLO SOCIALE, risponde a un bisogno di appartenenza e di riconoscimento; altre volte ancora inestetismi e problematiche quali l’acne, il sovrappeso, l’invecchiamento della pelle, la cellulite, possono fungere da ulteriore elemento svalutante per una persona già fragile e condurre a sofferenza psicologica (sintomatologia ansiosa, depressiva, ritiro sociale, aggressività ect.), quindi a distorcere l’immagine corporea stessa e a disturbi dell’alimentazione.
Soprattutto per le donne, la rappresentazione mentale del proprio corpo e le relative preoccupazioni su peso e forma fisica possono infatti trasformarsi in giudizi sul proprio stesso valore, personale e sociale, e condurre a sentimenti di inadeguatezza e dinamiche di autocontrollo, che influenzano il benessere complessivo e la qualità di vita. In altre parole, lo scarto tra come si dovrebbe o vorrebbe essere e come si pensa di essere può sfociare in uno stato di ansia che, nel tempo, può minare l’autostima e la capacità di affrontare il mondo; banalmente, percepire il proprio corpo come brutto e provare disagio, può ad esempio portare difficoltà a livello relazionale, sociale e sessuale e questo può condurre a precludersi possibili amicizie, intimità, esperienze, persino occasioni lavorative.
L’insoddisfazione e il conflitto tra mente e corpo sfociati nella non accettazione di sé porta a conseguenze maggiori laddove il soggetto presenti uno stato di fragilità psicologica; ad un grado estremo, può dare origine a disturbi psicologici (es. disturbi d’ansia o depressivi ect.) fino a un vero disturbo dell’alimentazione, con conseguente controllo del peso mediante pratiche ortodosse, quali digiuno o condotte compensatorie.
Risulta quindi necessario incoraggiare e promuovere innanzitutto una sana alimentazione fin dall’infanzia, de-enfatizzando la dieta come strumento per la perdita di peso. In questo modo la persona entrerà in confidenza con il proprio corpo, consapevolizzandone le caratteristiche ed il funzionamento, prendendone contatto in assoluta tranquillità e senza timore del giudizio altrui.
Obiettivo di vita – e di un eventuale percorso terapeutico – dovrebbe essere il volersi bene, imparare a vivere il proprio corpo con serenità e rispetto, prendendo consapevolezza delle proprie risorse e dei propri limiti, delle convinzioni erronee che sono alla base della percezione di sé, in modo da sottoporle ad un vaglio critico, relativizzando e contestualizzare gli inevitabili fallimenti e imperfezioni, per riguadagnare un’immagine positiva di se stessi e muovere verso un miglioramento di sé sano ed equilibrato